Si usa il termine ipertrofia per definire l’aumento del volume di un muscolo, situazione metabolica che avviene in base a fattori di crescita e/o di sovraccarico muscolare. Essa rispecchia un processo fisiologico di sintesi che coinvolge tutte le strutture del muscolo e non solo le miofibrille contrattili. In seguito all’allenamento con i sovraccarichi, siano essi manubri e bilancieri o macchine isotoniche da palestra, in presenza di determinate condizioni fisiche si ha:
a. Un aumento di numero e spessore delle miofibrille e formazione di nuovi sarcomeri, dato dall’aumento di actina e miosina, soprattutto nelle fibre rapide o bianche (IIb), quelle che meglio si adattano ad un lavoro di forza ed esplosività. Le fibre di un sollevatore di peso per esempio sono di circa il 45% più grandi rispetto ad atleta di resistenza o ad un soggetto sedentario. Tale aumento è dato dalla formazione di una fessura che porta alla rottura della linea Z, con conseguente separazione della miofibrilla ed origine di due miofibrille della stessa lunghezza del sarcomero
b. La ritenzione di adenosintrifosfato ATP, di fosfocreatina CP e di glicogeno muscolare, per via del fatto che il lavoro muscolare tramite il metabolismo alattacido porterà ad una diminuzione della riserva di fosfati, perchè durante l’allenamento la cellula muscolare si trova ad avere una richiesta di energia molto maggiore rispetto a quella riservata ai processi biologici basali e si organizzerà tenendone a disposizione una quantità maggiore per futuri eventuali stimoli. Oltremodo il lavoro lattacido ove il substrato energetico è costituito del glicogeno causerà una diminuzione dello stesso con conseguente maggiore ritenzione a livello cellulare
c. aumento del tessuto connettivo dato da un ispessimento ed irrobustimento in particolare di tendini e legamenti ma anche di tessuto connettivale intramuscolare a sostegno delle fibre muscolari stesse
d. aumento di numero e dimensione dei vasi capillari e dei mitocondri. Nel soggetto allenato che pratica sport il numero dei capillari che circondano ogni fibra muscolare cresce rispetto al sedentario, maggiormente nell’atleta di endurance ma anche in chi pratica allenamento per la massa muscolare per via di una maggiore irrorazione delle miofibrille, e conseguente aumento della sezione trasversa del muscolo. Solo in chi pratica attività di forza massimale e sollevamento pesi la densità capillare diminuisce, per via di un allenamento principalmente della componente nervosa con poco afflusso di sangue ai muscoli. A contribuire all’ipertrofia muscolare vi è inoltre l’aumento di numero e dimensioni dei mitocondri, per via del fatto che l’allenamento ad alte ripetizioni e velocità di esecuzione ridotta tipo del body building apporta modifiche a livello mitocondriale simili a quelle dello sportivo di resistenza
e. aumento del numero di cellule muscolari satellite (iperplasia), portate in funzione dallo stato embrionale in seguito alle lesioni prodotte dal lavoro muscolare con i sovraccarichi e grazie al rilascio di fattori di crescita quali l’IGF1; questo porterebbe alla proliferazione di alcune cellule muscolari con un aumento del numero. Tale attivazione di fibre satellite sembra avvenire solo in seguito a necrosi cellulare causata da ipossia o lesioni delle miofibrille. Un’altra teoria ipotizza la formazione di fessure longitudinali nelle fibre che porterebbero alla separazione della stesse
Detto questo di capisce come l’ipertrofia muscolare non sia un processo di adattamento conseguente ad un’unica causa ma dato dall’insieme di diversi adattamenti dati da differenti stimoli, e per questo motivo si capisce che non esiste un solo metodo di allenamento ma un insieme di stimoli allenanti, ognuno dei quali produce adattamenti specifici che contribuiscono ad un globale processo di crescita di volume muscolare
Metodologie allenanti
Le diverse metodologie per ottenere tale processo di aumento di volume possono essere così riassunte:
– utilizzo di carichi di lavoro differenti e mirati ai diversi tipi di fibra e alle diverse componenti della cellula muscolare
– utilizzo di modalità e velocità esecutive differenziate sempre per stimolare diverse componenti muscolari
– ricerca del massimo esaurimento di ATP e CP e glicogeno muscolare, con grande produzione di acido lattico, ambiante che favorisce i processi ipertrofici
– lavoro con enfasi alla fase eccentrica del movimento, che causa grandi stress meccanici a livello della fibra necessarie per un’attivazione delle cellule satellite
– movimenti a basse velocità esecutive per creare forte stress al sistema metabolico muscolare e non a quello nervoso
Oltre ad un diverso stimolo, è importante anche dedicare un volume di lavoro proporzionale a ogni singolo componente, in relazione al suo contributo in percentuale alla dimensione del muscolo
Per la stimolazione all’aumento in numero e dimensione delle miofibrille è necessario un lavoro di forza con carichi dal 70% al 85% del carico massimale su una singola ripetizione 1RM: con carichi dell’80%-85% del massimale, movimenti veloci ed esplosivi ed un numero basso di ripetizioni non comunque inferiore a 7 risponderanno prevalentemente le fibre IIb bianche, mentre con carichi tra il 70% e il 75% con movimenti a tensione costante e lenti ed un numero di ripetizioni più alto ma non superiore alle 12 ripetizioni risponderanno meglio le fibre intermedie IIa bianche
Per ricercare una stimolazione su mitocondri, capillari e sarcoplasma si effettuerà un allenamento con carichi medio bassi, dell’ordine del 60% di 1RM, con movimenti lenti e a tensione continua ed un numero elevato di ripetizioni superiore alle 12 fino anche a 20. La formazione di un maggior numero di miofibrille e mitocondri comporterà naturalmente l’aumento del sarcoplasma
Per la ricerca della massima deplezione di ATP e CP, situazione fondamentale per l’ipertrofia in quanto la formazione dei poliribosomi dove avviene la sintesi proteica è favorita dalla carenza e inibita dalla presenza di fosfati, si effettuerà un lavoro che coinvolga principalmente il metabolismo alattacido. Inoltre avverrà una supercompensazione a livello di ritenzione di fosfati, in quanto durante l’esercizio fisico la cellula si trova ad avere una richiesta di ATP da dedicare al lavoro meccanico molto maggiore rispetto che in condizione basale. Oltremodo per ottenere un esaurimento del glicogeno muscolare si andrà ad agire sul metabolismo lattacido, dal momento che a un abbassamento del ph del sangue a causa di un’alta concentrazione di lattato muscolare è associato un aumento dell’ormone della crescita GH, fondamentale per i processi ipertrofici. La grande produzione di acido lattico provoca lesioni a livello della membrana cellulare che stimolano la sintesi proteica. Inoltre, vi sarà anche una supercompensazione a livello delle scorte di glicogeno con una maggiore ritenzione dello stesso e quindi maggior volume muscolare
In ultimo, per stimolare il processo di iperplasia si devono effettuare movimenti lenti in particolar modo sulla fase eccentrica con tensione prolungata. Il movimento contrastato e controllato porta ad una deformazione meccanica della cellula, che influisce positivamente sull’ipertrofia. Il movimento eccentrico causano un notevole danno alla cellula muscolare, con effetti quali la disorganizzazione delle bande Z, tali da portare alla liberazione di fattori di cresciti fondamentali per la nascita di nuove fibre a partire dalle cellule satellite. Naturalmente, ai fini di creare uno stress cellulare importante, anche il tempo sotto tensione (time under tension TUT) in fase eccentrica deve essere lungo
Variabili per dell’allenamento per l’ipertrofia
Almeno 5 variabili influiscono su un corretto allenamento per l’ipertrofia. Nel dettaglio:
1. Il numero di serie per ripetizioni e la durata dell’allenamento, che riflettono il “volume dell’allenamento”. E’ difficile quantificare quante serie siano necessarie al raggiungimento dell’esaurimento muscolare, in quanto è parametro legato alla capacità di recupero, alla qualità della massa magra, alla adeguata idratazione e corretto rapporto tra liquidi intra ed extra cellulari, alla dimensione del muscolo, ai dosaggi ormonali, allo stato di infiammazione, alla qualità della nutrizione e ad altri parametri individuali, ed anche alla tipologia di programma allenante scelto. Appare logico quindi che l’intensità dell’allenamento intesa come l’impegno ad eseguire ogni serie, sia inversamente proporzionale al volume. D’altro canto il numero di serie per muscoli grandi sarà maggiore rispetto a muscoli piccoli, e i muscoli degli arti necessiteranno di meno serie rispetto a quelli del tronco, anche perché spesso vengono allenati dopo di essi e quindi hanno già subito una sorta di pre-stancaggio. Il volume è anche influenzato dall’uso o meno di tecniche intensive che stancano il muscolo molto precocemente, e non deve essere comunque eccessivo tale da comportare un tempo di allenamento totale oltre i 60’-70’, durata oltre la quale il livello di ormoni catabolici (cortisolo e catecolamine) si alza notevolmente, situazione che non favorisce il successivo anabolismo muscolare. In linea di massima dalle 4 alle 12 serie per gruppi muscolari grandi e dalle 2 alle 9 serie per gruppi muscolari piccoli, da dosare in maniera soggettiva in base ai parametri sopra elencati, è il volume eseguito. Una analisi corporea tri-compartimentale, che valuti stato di idratazione, corretto rapporto tra liquidi extracellulari e muscoli, stato delle membrane cellulari e qualità della massa magra è di grande aiuto nel valutare il carico allenante sostenibile dal soggetto e le sue capacità di recupero dagli allenamenti
2. Il numero di ripetizioni come è stato precedentemente detto deve essere compreso tra le 7 e 30 ripetizioni, range nel quale vengono stimolati il metabolismo alattacido e lattacido e le componenti vascolari, connettivali e mitocondriali, caratteristiche che concorrono tutte all’ipertrofia muscolare
3. Il tempo di recupero tra le serie è fondamentale ai fini della buona riuscita dell’allenamento e specifico per la componente muscolare che si sta allenando, ed è legato anche alla qualità dell’allenamento ricercata, tipo di ed intensità dell’esercizio svolto, dimensione e predominanza di fibre bianche o rosse del muscolo. Tempi di recupero compresi tra 2’ e 3’ sono sufficienti per un parziale recupero della capacità neuromuscolare e per la ricarica dei fosfati ATP e CP del metabolismo alattacido e adatti per carichi fino all’80%-85% di 1RM. Per mantener un ambiente a ph acido dato dall’utilizzo del sistema metabolico lattacido e per un veloce esaurimento delle scorte di glicogeno muscolare, recuperi tra 45” e 2’ sono più indicati. Va anche tenuto in considerazione che esercizi base poliarticolari coinvolgendo più muscoli richiedono recuperi più lunghi rispetto a esercizi complementari monoarticolari. Naturalmente una serie portata al cedimento muscolare richiederà un recupero maggiore, comportando un’affaticamento nervoso ed una deplezione dei fosfati maggiore. Un gruppo muscolare grande necessita di un recupero di almeno 90”, mentre uno piccolo può recuperare anche 45”- 60”. In ultima analisi il fatto che un muscolo sia costituito in prevalenza da fibre muscolari bianche IIb permette la scelta di un tempo di pausa più lungo rispetto ad un muscolo di stesse dimensioni prevalentemente costituito da fibre rosse di tipo Ia
4. La frequenza degli allenamenti concorre al processo di adattamento dell’organismo, dal momento che la risposta compensatoria allo stress allenante avviene solo in seguito ad un adeguato recupero. Va ricordato che la seduta di allenamento è solo uno degli stimoli dal quale si rende necessario un recupero; la normale vita di tutti i giorni, il lavoro, le ore di sonno dormite, lo stile alimentare sono tutti fattori che vanno ad influenzare la capacità di ritornare alla condizione fisica precedente all’allenamento, così come una serie di fattori personali legati a sesso, dosaggi ormonali, età e caratteristiche genetiche. Anche la quantità e la qualità della massa magra influiscono sul recupero, dal momento che i processi infiammatori conseguenti al training vengono gestiti meglio da una massa magra in buone condizioni metaboliche e d’idratazione, così come la predominanza o meno di fibre muscolari bianche determinerà una maggiore richiesta di recupero dal momento che esse si stancano maggiormente delle rosse. Va ricordato che frazionare eccessivamente la scheda aumentando la frequenza degli allenamenti settimanali in palestra non è corretto perché i muscoli non lavorano mai in maniera isolata e quindi si rischia di produrre uno stress allenante eccessivo su muscoli che magari sono stati chiamati in causa il giorno prima, e che comunque fegato e sistema endocrino sono sovraccaricati di lavoro indipendentemente dal gruppo muscolare allenato, situazione che porta sicuramente a catabolismo muscolare e sovrallenamento. Generalmente una frequenza di allenamento corretta è variabile tra 2 e 4 allenamenti a settimana.
Per quanto riguarda la frequenza allenante specifica per ogni singolo muscolo, essa può variare dai 3 allenamenti settimanali per un allenamento total body a bassa intensità e volume specifico volto al principiante, fino a 7-10 giorni per scheda frazionate in 3-4 parti ed allenamenti intensi rivolti ad un avanzato. Necessario anche prevedere una settimana di scarico di volume e/o intensità ogni 2 o 3 settimane di allenamento consecutive.
5. Per quanto riguarda gli esercizi per l’ipertrofia, non si farà distinzione tra esercizi per la massa muscolare e per la definizione, obiettivi che si perseguono con opportuno aggiustamento dell’alimentazione dell’attività aerobica, ma li distingueremo tre esercizi base, poliarticolari, ad escursione articolare limitata e a catena cinetica ampia ed esercizi complementari monoarticolari che tendono ad “isolare” un muscolo. Va ricordato che gli esercizi base quali distensioni in panca piana, squat, stacco, rematore e curl con bilanciere, per via del coinvolgimento di grandi masse muscolari, impegnano la coordinazione motoria e producono una potente stimolazione di tutto l’apparato metabolico, con produzione di ormoni anabolici quali testosterone e ormone della crescita GH fondamentali per i processi di sintesi proteica, e per via del fatto che vengono svolti con il coinvolgimento di più articolazioni sono quelli che meglio si prestano all’utilizzo di grossi carichi di allenamento. Vanno naturalmente adottati compatibilmente con la propria postura, flessibilità e mobilità articolare. Gli esercizi complementari sono maggiormente adatti per la ricerca di una stimolazione di un singolo settore muscolare dal momento che permettono la piena estensione e contrazione nel R.O.M. (range of motion) articolare, meno si adattano a quello che è il reale movimento umano, e apportano un carico sull’articolazione maggiore, e per ciò vanno eseguiti con attenzione e senza l’utilizzo di pesi elevati, con un numero di ripetizione magari più alto, sempre rimanendo in un range adatto per l’ipertrofia; bene si prestano a tecniche di pre-stancaggio eseguiti dopo un esercizio base e per la stimolazione di un muscolo carente all’interno di una catena cinetica più ampia.