Il “corto veloce”, metodo di allenamento nel podismo

Il cosidetto “corto veloce” è la più veloce tra le corse continue a ritmo uniforme, che può essere effettuata in strada o in pista di atletica come terreni preferenziali.
E’ utile principalmente a chi pratica il mezzofondo su pista e il fondo su strada, in quanto allena caratteristiche fisiologiche che sono utili all’atleta dei 1500 m fino ad arrivare al maratoneta

Infatti è un metodo di allenamento per lo sviluppo della soglia anaerobica o soglia del lattato, allenamento di fascia 3 (vedi fig.1) che nella pratica da campo viene anche nominata velocità di riferimento VR

 

Personal Trainer Bologna Stefano Mosca - il "medio" è un allenamento per il podismo di fascia 2
fig.1 Il “corto veloce” è un allenamento per il podismo di fascia 3

Come altri allenamenti che rientrano in questa fascia è studiato per far migliorare l’utilizzo dell’ossigeno da parte dei muscoli e riuscire a correre ad un ritmo maggiore, dal momento che maggiore è la quantità di O2 utilizzata in un minuto dalle fibre muscolari per produrre energia dal metabolismo dei carboidrati e dei grassi, maggiore è la velocità che può essere mantenuta per lunghi tratti a parità di costo energetico della corsa. E’ sicuramente una metodica di allenamento qualitativa, utile per migliorare le componenti aerobiche periferiche, che non deve mai essere svolto ad una ritmo troppo elevato, dal momento che la produzione eccessiva di acido lattico inibisce lo sviluppo della soglia anaerobica.

 

Il corto veloce ha queste caratteristiche:

Personal Trainer Bologna Stefano Mosca - Scala di Borg per la valutazione della fatica da 1 a 10
Scala di Borg per la valutazione della fatica da 1 a 10

Durata: dopo un adeguato riscaldamento e 5 o 6 allunghi di 80-100 m come forma di stretching attivo, questo allenamento va mantenuto da 20 a 30-35 minuti, e per un atleta ben allenato anche fino a 40 minuti e più. Il principiante può cominciare con tratti di circa 10 minuti, le prime volte correndo ad un’andatura con respirazione leggermente impegnata RLI per poi passere nelle sedute allenanti successive ad un ritmo con respirazione impegnata RI

Ritmo: il principiante può fare riferimento alle sensazioni soggettive e basarsi sulla respirazione, che deve essere appunto impegnata RI o, basandosi sulla scala di Borg da 0 a 10, mantenendo un livello di fatica pari a 5/6 (vedi fig. 2). L’agonista o l’atleta avanzato deve tenere un ritmo pari al 97%-100% di quello della soglia anaerobica, che in atleti allenati può essere tenuto per 40 minuti e in podisti di elite per 60 minuti, che corrono la mezzamartona a ritmo della soglia del lattato

Frequenza cardiaca: si attesta naturalmente attorno alla frequenza cardiaca alla velocità di riferimento VR, al massimo 3-4 battiti al di sopra o al di sotto. Specie nelle prime sedute si può verificare la situazione in cui, pur mantenendo la velocità costante, la frequenza tenda ad aumentare, cioè che ci sia un po’ di “deriva cardiaca”, questo per il fatto che siamo in presenza di un atleta non ben allenato. Diciamo comunque che il corridore dovrebbe tenersi ad una battito cardiaco compreso tra l’84% e il 94% della frequenza cardiaca massima FCmax misurata con un test diretto come l’elettrocardiogramma da sforzo o indiretto come un test da campo come il test Conconi

A chi è indirizzato: ai corridori che in allenamento sono abituati a correre sempre a velocità blanda molto al di sotto della velocità di riferimento, e a quegli atleti che vogliono migliorarsi per gare della durata di 30-40 minuti fino ad un’ora.

Il corto veloce può anche essere corso in salita, su tratti di analoga durata e su salite del 5% per preparare gare brevi, del 4% per preparare la mezza maratona, e su pendenze del 3% per preparare la maratona, con una entità dello sforzo maggiore ed un reclutamento muscolare diverso essendo necessaria una maggiore spinta ad ogni passo, con un maggior coinvolgimento di fibre bianche veloci